Con sentenza n. 5919, depositata il 24 marzo 2016, la Corte di cassazione è nuovamente intervenuta sul caso del contratto bancario o di intermediazione mobiliare sottoscritto dal solo cliente e non anche dalla banca.
La cassazione ha preso posizione a favore della soluzione più severa per le banche, con ciò sconfessando sia il suo precedente del 2012, sia l’orientamento prevalente nella giurisprudenza di merito. In particolare, la sentenza ha stabilito che la frase firmata dal cliente, nella quale quest’ultimo dichiara che “un esemplare del presente contratto sottoscritto dalla banca ci è stata consegnato” (o altra analoga) non è sufficiente a provare l’effettiva sottoscrizione del contratto ad opera della banca stessa.
La sentenza merita un’adeguata riflessione non solo del sistema bancario. Infatti, la pronuncia interessa anche tutti gli operatori che agiscono nei mercati finanziari, mediante l’offerta di prodotti e servizi di investimento.
Tanto più che, nel merito, la sentenza – contrariamente a quanto affermato in qualche commento già disponibile in rete – sembra inquadrarsi con coerenza nell’impianto normativo e nella tradizione giurisprudenziale relativi alle conseguenze della mancata sottoscrizione del contratto scritto ad substantiam, con la conseguenza che non può essere trascurato il rischio che in futuro la Corte, anche a Sezioni Unite, confermi l’odierna decisione.
Di qui la necessità per le banche di studiare adeguate misure per far fronte alla novità: in primo luogo, infatti, occorre ridisegnare con maggiore attenzione gli schemi difensivi spesso adottati dalle banche in sede processuale; in secondo luogo occorre intervenire sull’esistente, ponendo in essere adeguati rimedi con riguardo ai rapporti ancora non sfociati in giudizio e ripensare le procedure seguite nella formalizzazione dei contratti con la nuova clientela.
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