PILL n. 03–2016

31/05/2016

I piani di risanamento: un breve commento al d.lgs. 181 del 16 novembre 2015

F. Ielpo, D. Varani

Premessa.

Il d.lgs. 181/2015 del 16 novembre 2015, attuativo della BRRD, ha introdotto nel sistema del Testo unico bancario (di seguito, TUB) il Capo 01 – I e il Capo 02 – I. Il primo è formato da 10 articoli (dall’art. 69 – bis al 69 – undecies), che disciplinano direttamente la materia dei piani di risanamento, il secondo contiene 11 articoli (dall’art. 69 duodecies al 69 vicies bis), disciplinanti, tra l’altro, gli accordi infragruppo e l’attuazione dei piani di risanamento.
Il citato decreto ha altresì modificato il Testo unico della finanza (di seguito, TUF) introducendo, nella medesima materia, il Capo I – bis (artt. 55 bis e 55 ter), diretto soprattutto a circoscrivere l’ambito di applicazione della disciplina a una parte delle SIM e dettare alcune disposizioni di coordinamento tra i poteri della Banca d’Italia, alla quale spetta la valutazione dei piani, e della Consob, tenuta a fornire un parere per i profili di propria competenza. Per quanto riguarda la concreta disciplina, il TUF fa rinvio all’impianto normativo del TUB.

Ambito di applicazione.

La disciplina introdotta si applica alle società capogruppo del gruppo bancario e alle singole banche. Queste, se appartenenti a un gruppo, non sono obbligate all’adozione del piano di risanamento[1], salvo che ciò non sia esplicitamente richiesto dalla Banca d’Italia. Per contro non sono tenute a dotarsi di un piano di risanamento di gruppo le capogruppo di gruppi bancari assoggettati a vigilanza consolidata in altro stato comunitario, fatta salva l’ipotesi di una esplicita richiesta in tal senso (cfr. combinato disposto art. 69 quinquies, comma 2 e art. 69 septies) dall’Autorità di vigilanza.
La disciplina dei piani è inoltre estesa alle SIM non appartenenti ad un gruppo bancario autorizzate a prestare servizi di negoziazione per conto proprio, sottoscrizione e/o collocamento con assunzione a fermo o assunzione di garanzia nei confronti dell’emittente o gestione di sistemi multilaterali di negoziazione. Le SIM, appartenenti ad un gruppo bancario, non sono tenute all’adozione del piano, rilevando l’obbligo della capogruppo, fatta salva l’ipotesi in cui ciò non sia richiesto dalla Banca d’Italia. Risultano altresì tenute all’adozione di un piano di risanamento le società capogruppo poste al vertice del gruppo definito dall’art. 11 del TUF e le succursali italiane di Imprese di investimento extracomunitarie, che svolgono le attività sopra declinate.

Finalità dei piani di risanamento.

Questi si iscrivono tra le misure introdotte dai decreti attuativi della BRRD, finalizzate a gestire la crisi aziendale in via anticipata, evitando così l’applicazione successiva di strumenti più “traumatici”, quali ad es. la risoluzione o la liquidazione coattiva. I piani di risanamento sono quindi previsti e concretamente attuati allorché lo stato di crisi non ha ancora raggiunto uno stadio di irreversibilità, tale che si debba procedere con la risoluzione. Lo scopo, quindi, più propriamente, è quello di prevedere, al manifestarsi dei primi segnali di “significativo deterioramento” della banca (cfr. art. 69 quater, comma 1) o del gruppo (cfr. art. 69 quinquies, comma 3), l’attuazione di un piano che contempli tutte quelle misure che la banca può adottare autonomamente per il riequilibrio dei profili tecnici (patrimoniale, reddituale e di liquidità). Ne consegue che l’adozione, e prima ancora la formulazione, dei piani non possono che investire la responsabilità di tutti gli organi aziendali nonché la struttura apicale della banca (vertice dell’esecutivo). Inoltre, anche se non richiesto esplicitamente dal citato decreto legislativo, la finalità e la natura stessa dei piani di risanamento implicano la necessità del coinvolgimento, nella concreta stesura del piano, delle funzioni aziendali di controllo e segnatamente della funzione di Risk Management. I piani di risanamento, infatti, vanno inquadrati coerentemente nell’ambito delle scelte aziendali sul governo dei rischi (RAF e ICAAP).  Sotto tale specifico profilo, il piano di risanamento, oltre a costituire, nell’ottica dell’autorità di vigilanza, uno strumento di prevenzione delle crisi bancarie, rappresenta, inevitabilmente, un indispensabile strumento di governance aziendale, come, tra l’altro, precisato dal legislatore comunitario nella BRRD.

Tempistica di redazione dei piani.

Una volta elaborati, fatta salva l’ipotesi in cui la Banca d’Italia lo richieda con maggiore frequenza, i piani sono aggiornati annualmente dalle singole banche o dalla capogruppo, anche per le proprie articolazioni di gruppo, e sottoposti all’approvazione dell’Autorità di vigilanza. In ogni caso, devono essere riesaminati ed, eventualmente, aggiornati, ogni qualvolta si è in presenza di un significativo mutamento della struttura organizzativa e/o giuridica della banca. Essi sono anche trasmessi all’Autorità di risoluzione; i piani di gruppo sono indirizzati all’Autorità di supervisione consolidata (cfr. articoli 69 quater, comma 5 e 69 sexies).

Contenuti.

Il contenuto dei piani ne rispecchia, in un certo senso, le finalità. Il d.lgs. di cui in premessa ha disciplinato il contenuto dei piani in via transitoria, rinviando  all’emanazione di una più puntuale disciplina secondaria della B.I.. In particolare, l’art.69 quater, comma 3 del TUB prevede che il piano di risanamento contiene le informazioni richieste da provvedimenti di carattere generale e particolare della Banca d’Italia e da Regolamenti della Commissione Europea. Ai sensi dell’art. 69 undecies, è da ritenere che, sulla concreta disciplina di attuazione, incideranno altresì gli orientamenti dell’ABE. Allo stato attuale, l’art. 159 bis del TUB riproduce l’elenco contento nella Sez. A dell’allegato alla BRRD.  In estrema sintesi, i piani contemplano tutte le misure che le banche adotterebbero al fine di ripristinare la sostenibilità economica di lungo periodo nell’eventualità in cui si manifestino criticità sotto i profili tecnici (patrimonio, reddito, liquidità).
Ai sensi dell’art. 69 – decies del TUB, la Banca d’Italia può, con provvedimenti di carattere generale o particolare, prevedere:
– modalità semplificate di adempimento degli obblighi, avendo riguardo alle possibili conseguenze del dissesto della banca o del gruppo, in considerazione delle loro caratteristiche, tra le quali la dimensione, la complessità operativa, la struttura societaria, lo scopo mutualistico, l’adesione a un sistema di tutela istituzionale;
– l’esenzione dal rispetto degli obblighi in materia di piani di risanamento di banche aderenti a un sistema di tutela istituzionale. In tal caso gli obblighi sono assolti dal sistema di tutela istituzionale in cooperazione con la banca aderente esentata.

Poteri dell’autorità di vigilanza.

La declinazione ad opera del citato decreto dei poteri delle autorità riflette la centralità del piano di risanamento, quale misura di prevenzione delle crisi. Innanzitutto occorre precisare che il piano di risanamento è valutato dalla Banca d’Italia, quale autorità di vigilanza, ma è anche trasmesso alle competente struttura della Banca d’Italia che agisce quale autorità di risoluzione, affinché quest’ultima possa formulare raccomandazioni sotto i profili rilevanti per la risoluzione della banca stessa[2]. Peraltro, non è del tutto chiaro se l’autorità di risoluzione, per i profili di propria competenza, avrà rapporti diretti con gli intermediari ovvero comunicherà le richiamate raccomandazioni alle strutture della Vigilanza, affinché quest’ultima ne possa tenere conto nell’ambito delle proprie valutazioni. Si ritiene più probabile una qualche forma di coordinamento, che faccia capo all’autorità di vigilanza, quale punto di riferimento per gli intermediari nella materia dei piani di risanamento.
L’art. 69 sexies del TUB prevede che la Banca d’Italia, entro sei mesi dalla trasmissione del piano di risanamento, verifica la completezza e l’adeguatezza del piano stesso in conformità dei criteri indicati nelle pertinenti disposizioni dell’UE. Se all’esito della verifica, emergano carenze, l’autorità di vigilanza può, fissando i relativi termini: i) richiedere la presentazione di un piano modificato; ii) indicare modifiche specifiche da apportare al piano; iii) ordinare modifiche da apportare all’attività, alla struttura organizzativa, alla forma societaria della banca o del gruppo bancario ovvero altre misure per conseguire le finalità del piano. Resta ferma, in ogni caso, la possibilità per la Banca d’Italia di adottare, se le circostanze lo richiedano, le misure previste dagli articoli 53 – bis e 67 – ter del TUB, riguardanti, rispettivamente, il governo della singola banca e della capogruppo, ad es. la convocazione degli organi e la rimozione di uno o più esponenti aziendali allorché la loro permanenza in carica sia di pregiudizio alla sana e prudente gestione. Trattasi, come è evidente, di poteri particolarmente incisivi.

[1] La mancata  previsione di un obbligo, naturalmente, non significa che la singola banca appartenente a un gruppo non possa formulare un proprio piano di risanamento, benché quest’ultimo dovrà necessariamente prevedere forme di coordinamento con il piano della capogruppo.

[2] Tra le misure di prevenzione e preparazione della gestione delle crisi i decreti attuativi hanno anche introdotto i piani di risoluzione, preparati, appunto, dalle autorità di risoluzione (Banca d’Italia), sulla base dei dati e delle informazioni fornite dagli intermediari, prima che la crisi si manifesti. Sotto tale profilo è una misura preparatoria.

 

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Dott. Francesco Ielpo

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