PILL n. 05–2014

07/07/2014

Il fondo comune d’investimento. Patrimonio separato e soggettivita.

Annunziata&Conso

La recente sentenza del Tribunale di Roma del 20 maggio 2014, n. 11384, offre l’occasione per fare il punto sull’annoso dibattito in ordine alla natura giuridica del Fondo comune di Investimento (“Fondo”). La decisione del Tribunale capitolino non si discosta dal consolidato indirizzo tracciato dalla Cassazione, con la nota sentenza n. 16605 del 15 luglio 2010, confermando dunque il principio che il “fondo è privo di personalità giuridica” ([1].
Ancora una volta, quindi, il giudice di merito condivide l’orientamento indicato dalla Suprema Corte di legittimità [2] che, con la citata pronuncia del 2010, ha affrontato la carenza di soggettività giuridica del Fondo. Quest’ultimo può essere inteso quale patrimonio separato, rispetto sia alla Società di gestione del risparmio (“SGR”) [3] sia ai singoli investitori, i quali restano comunque “i proprietari sostanziali dei beni del fondo”.
Sostiene la Cassazione che dall’evolversi del tessuto normativo, che disciplina la materia dei Fondi, non sembrano potersi identificare elementi significativi che permettano di considerare i Fondi autonomi centri di imputazione di rapporti giuridici, in quanto le norme del TUF (D.lgs. n. 58/1998) affidano alla SGR l’attività di istituzione, promozione e gestione del Fondo. E’, inoltre, l’art. 57, c. 6 bis, del TUF ad affidare alla stessa SGR (o a uno o più creditori) la legittimazione a richiedere al Tribunale la liquidazione coatta amministrativa del Fondo. Viceversa, qualora sia la SGR ad essere in crisi, dalla lettura dell’art. 57, commi da 1 a 6, del TUF, si evince che la procedura di liquidazione coatta amministrativa della medesima non sempre incida sulla struttura e tenuta del Fondo. Confermando, così, il principio della separazione del patrimonio di quest’ultimo rispetto a quello della SGR [4]. In generale, comunque, dalle disposizioni normative richiamate può evincersi come sia un soggetto terzo a occuparsi di tutto ciò che concerne la vita Fondo.
A tutto ciò si aggiunge che l’assenza di una struttura organizzativa minima del Fondo, rilevabile anche in soggetti privi di personalità giuridica, ma comunque centri di imputazione di diritti e obblighi (quali l’associazione non riconosciuta e le società di persone), rende più complessa la configurazione di quest’ultimo alla stregua di un soggetto autonomo di diritto [5].
La lettura interpretativa sulla natura giuridica del Fondo, data dalla Cassazione del 2010, mantiene solidi i propri principi e assunti anche al sopravvenire dei recenti interventi normativi. Trattasi delle modifiche al testo del TUF, in recepimento della Direttiva AIFM (Direttiva 2011/61/UE) e, in particolare l’art. 1, c. 1, lett. j,  e il nuovo art. 36 c. 4 [6] che, riproponendo nella sostanza il precedente art. 36 c. 6, rafforza la lettura del Fondo quale patrimonio autonomo e della SGR nel ruolo di amministratore/gestore di esso (“delle obbligazioni contratte per conto del fondo, la Sgr risponde esclusivamente con il patrimonio del fondo medesimo”).
Come anticipato, le pronunce della giurisprudenza di legittimità e di merito [7], anche le più recenti, hanno pressoché totalmente confermato i principi enunciati dalla Corte nel 2010. Nuovi spunti di riflessione sono, tuttavia, offerti dalla sentenza del Tribunale di Milano del 2 luglio 2013 che, seppur confermando l’orientamento maggioritario, sembra riconoscere implicitamente, e in particolari circostanze, al Fondo la capacità di agire e quindi una sostanziale soggettività. Ciò nella particolare ipotesi in cui i partecipanti si riuniscono in assemblea per deliberare sulla sostituzione del gestore (richiamata oggi dalla novellata disposizione dell’art. 37, c. 3, TUF). E’ opportuno, comunque, evidenziare che una tale previsione non basta di per sé a configurare un vero e proprio regime di autonomia del Fondo, anche perché essa non si discosta granché dal modo in cui i gruppi di creditori (obbligazionisti) o partecipanti al capitale di rischio di una qualsiasi società per azioni possono, attraverso le assemblee separate di cui dispongono, far valere i loro punti di vista sulle scelte degli organi sociali.
In conclusione, si sottolinea che il dibattito sulla natura giuridica del Fondo sembra essersi orientato decisamente sulla qualificazione di quest’ultimo quale patrimonio separato e privo di soggettività. Ciò anche se ci sono autori che spingono per superare tale discussione sottolineando l’inutilità pratica di considerare il Fondo soggetto di diritto; rileva, secondo tale interpretazione, che il Fondo è comunque destinatario diretto di effetti giuridici, indipendentemente se a compierli è o non è il soggetto incaricato della gestione [82]. In verità, la diretta conseguenza di non qualificare il Fondo come soggetto di diritto, è l’impossibilità di attribuire ad esso la titolarità di posizioni sostanziali e processuali, riservate a chi ha invece autonomia giuridica (il gestore/SGR). Atteso, inoltre, che l’ordinamento nazionale non sembra contemplare l’esistenza di un patrimonio separato senza titolare, si è sostenuto (Cassazione del 2010) che i partecipanti del Fondo siano i proprietari sostanziali dei beni di pertinenza del medesimo, mentre la titolarità formale di tali beni resti in capo alla SGR che l’ha istituito (con la precisazione che ove la società promotrice non coincida con il gestore, la titolarità formale spetta alla prima, potendo il secondo essere sempre sostituito). Sembrerebbe, comunque, più opportuno attribuire al gestore la titolarità formale dei beni del Fondo, amministrati nell’interesse dei partecipanti, e a questi ultimi il ruolo di mandatari (così come sembra desumersi dall’art 36 c. 3 TUF), lasciando da parte il concetto di proprietà in senso sostanziale [9].

[1] Parte della dottrina si è, in passato, orientata nel riconoscere un’autonoma soggettività al Fondo (Cfr. Costi, La struttura dei fondi comuni di investimento nell’ordinamento giuridico italiano e nello schema di riforma delle società commerciale, in Riv. soc., 1968, 299-308, citato in A. Scano, Fondi comuni di immobiliari e imputazione degli effetti dell’attività di investimento”, Giur. comm., 2011, fasc. 5, 1133). Tale interpretazione è stata anche confermata da un parere del Consiglio di Stato (n. 108/1999), la sola voce fuori dal coro, che ha distinto la soggettività del Fondo da quella dei partecipanti e della SGR.

[2] Si precisa, anche, che la pronuncia del Tribunale di Roma richiama una più recente sentenza della Cassazione, n. 12187 del 20 maggio 2013, a sostegno della propria posizione: “i fondi di investimento, sono privi di una autonoma soggettività giuridica, che rientra nella sfera della società di gestione, che ne ha la titolarità formale ed è legittimata ad agire in giudizio”.

[3] Per completezza si segnala che con il recente aggiornamento del TUF (modificato dal D.lgs. n. 44/2014) è stata meglio esplicitata la schiera di soggetti che può procedere all’istituzione e gestione del Fondo comune di investimento, affidata al “gestore”: “la Sgr, Sicav e la sicaf che gestiscono direttamente i propri patrimoni, la società di gestione UE, il GEFIA UE, il GEFIA non UE, il gestore di EuVECA e il gestore di EuSEF” (art. 1. c. 1, lett. q bis, TUF).

[4] Cfr. Cassazione del 17 ottobre 2012, n. 17812 e Cassazione del 17 ottobre 2012, n. 17793.

[5] Per approfondire, si veda anche la sentenza del Consiglio di Stato, del 19 febbraio 2013, n. 1018, da cui si evince come l’attribuzione al Fondo del codice fiscale, da parte dell’Agenzia delle Entrate, pur mirando a ricondurre il medesimo tra i soggetti tenuti a rispettare gli obblighi e gli oneri delle imposte sui redditi, non ne modifica la forma giuridica assunta in base alle norme di diritto privato generali e speciali.

[6] L’art. 36 c. 4 del TUF dispone: “Ciascun fondo comune di investimento, o ciascun comparto di uno stesso fondo, costituisce patrimonio autonomo, distinto a tutti gli effetti dal patrimonio della società di gestione del risparmio e da quello di ciascun partecipante, nonché da ogni altro patrimonio gestito dalla medesima società; delle obbligazioni contratte per conto del fondo, la Sgr risponde esclusivamente con il patrimonio del fondo medesimo. Su tale patrimonio non sono ammesse azioni dei creditori della società di gestione del risparmio o nell’interesse della stessa, né quelle dei creditori del depositario o del sub depositario o nell’interesse degli stessi. Le azioni dei creditori dei singoli investitori sono ammesse soltanto sulle quote di partecipazione dei medesimi. La società di gestione del risparmio non può in alcun caso utilizzare, nell’interesse proprio o di terzi, i beni di pertinenza dei fondi gestiti”.

[7]Cfr. ex multis la citata Cassazione 20 maggio 2013, n. 12187, Trib. Milano 2 luglio 2013 e Trib. Milano 30 maggio 2012.

[8] Cfr. A. D. Scano, Fondi comuni immobiliari e imputazione degli effetti dell’attività di investimento, Giur. comm., 2011, fasc. 5, 1133.

[9] Ghigi C., Separazione patrimoniale e fondi comuni di investimento, Giur. comm., 2011, fasc. 5, 1146.

l'Autore

gli Autori

Vai al profilo

Vai al profilo